Giovanni Angelo Colli (2010)

da La Nuova Sardegna
(5 gennaio 2010)

"IL PSD'AZ A PICCOLI PASSI
VERSO L'INDIPENDENZA"


di Filippo Peretti

Tre parole chiave («cambiamento, trasparenza, sovranità») per le alleanze alle Amministrative di maggio. Il nuovo leader del Psd’Az, Giovanni Angelo Colli, 41 anni, avvocato, famiglia sardista da generazioni, difende l’autonomia del partito dai poli italiani.

Come farete le intese?
«Come ha deciso il congresso: nelle Province e nei Comuni si possono fare alleanze di segno diverso ma solo sulla base dei programmi».

Volete mani libere?
«E’ un’espressione che non uso, fa pensare a interessi di basso profilo».

Ma vi accusano di fare la politica dei due forni. Perché non scegliere subito tra destra e sinistra?
«Quelli sono schieramenti nati e pensati per l’Italia, è uno schema non utile alla Sardegna».

E l’alleanza col centrodestra alla Regione?
«Abbiamo messo una serie di punti programmatici e li hanno accettati».

Tra i punti c’è anche l’Assemblea costituente per lo Statuto, ma il Pdl ora sembra contrario.
«Per noi è irrinunciabile».

Se ora vi dicono di no?
«Io confido che diranno di sì. I patti si rispettano».

Perché per voi è irrinunciabile?
«Vogliamo che il popolo sia protagonista del nuovo patto tra la Sardegna e lo Stato italiano».

Se lo Statuto lo scrivesse direttamente il Consiglio regionale?
«Avrebbe meno forza».

Perché?
«Proviamo a immaginare quale impatto avrebbe a Roma uno Statuto scritto da rappresentanti eletti dal popolo in una Costituente».

Anche i consiglieri sono eletti dal popolo.
«Ma per governare. E dentro coalizioni rigide. La Costituente non avrebbe condizionamenti di parte».

Voi avete confermato la linea dell’indipendenza. Vi sentite a vostro agio col centrodestra?
«Il tasso di indipendenza è presente, o non presente, in egual misura nelle due coalizioni italiane».

Come si conquista l’indipendenza?
«Non certo in modo traumatico, ma passo dopo passo».

E voi quali passi state facendo?
«Questa coalizione ha accettato di fare la Costituente. E’ un passo».

Soddisfatti dei primi dieci mesi della giunta Cappellacci?
«Sta lavorando bene. Quando non siamo soddisfatti non votiamo i provvedimentui in Consiglio. E’ già successo».

Quali riforme sono utili nel cammino verso l’indipendenza?
«Quelle per il cambiamento, la trasparenza e la sovranità».

Cambiamento e trasparenza sono parole d’ordine già usurate.
«Partiti e ciascuna amministrazioni devono fare uno sforzo in termini di democrazia e trasparenza, togliere tutti gli spazi al clientelismo».

Anche questo è un impegno non nuovo.
«Vedrà, faremo una battaglia molto forte».

Volete cambiare anche gli altri partiti?
«Tutti dobbiamo uscire dalla logica dell’ordinarietà. La politica è in crisi e ha bisogno, anche per riconquistare i giovani, di partiti che sappiano proporre sogni da trasformare in realtà».

L’indipendenza è un sogno o un’utopia?
«Un sogno realizzabile».

Ma davvero pensa che l’indipendenza della Sardegna sia una scelta realistica?
«Sì. E dico di più: è l’unica scelta possibile. Per fare leggi su misura che ci garantiscano lo sviluppo».

Non potreste proporre più semplici riforme di ordine economico?
«Abbiamo molte proposte su industria, credito, trasporti, scuola, eccetera, ma sono irrealizzabili se per attuarle la Sardegna non ottiene i poteri, cioé la sovranità».

Faccia un esempio.
«Pensi all’imposizione fiscale come leva per lo sviluppo. E’ essenziale, ma senza sovranità non l’avremo mai. O al rapporto con l’Europa. E’ l’unico modo per essere ascoltati».

Ci sono le condizioni per raggiungere l’obiettivo?
«Sì, l’Italia è andata avanti. Negli anni 70 e 80 ci davano dei mezzo terroristi, mentre oggi tutti parlano di federalismo come di una cosa scontata».

Lei avrebbe regalato la bandiera del Psd’Az a Berlusconi come ha fatto il suo predecessore?
«E’ stato un gesto di cortesia, non di sottomissione come poi strumentalmente interpretato. Il Psd’Az la bandiera non la regala a nessuno. Siamo l’unico partito, ripeto l’unico, che ha mantenuto nome e simbolo».

Torniamo alle alleanze. Come è andato il vertice con il centrodestra?
«Ci dobbiamo rivedere».

Si è incontrato col segretario del Pd?
«No. Silvio Lai è venuto al nostro congresso, ha fatto un discorso interessante sul concetto di indipendenza, a dimostrazione che se ne può parlare».

Apertura interessate?
«Forse, ma tutti oggi sanno che l’autonomia non è più sufficiente».

C’è attesa per le vostre decisioni, ad esempio a Sassari dove amministrate col Pd. Confermerete l’alleanza?
«E’ prematuro parlare di decisioni. Una cosa è certa: dappertutto faremo alleanze sui programmi di cambiamento, non sulle poltrone».

Lei è di Oliena, come Mario Melis.
«Il Presidente ha rappresentato il punto di maggior espressione del sardismo, sapeva comunicare con chiarezza le ragioni per cui tutti devono sentirsi sardisti».

Quella capacità l’avete smarrita.
«Dobbiamo ritrovarla, trasmettendo il messaggio anche agli altri partiti».

A parole si dicono già tutti sardisti.
«Invece c’è troppa subalternità».

Un giudizio un po’ severo se è generalizzato.
«Fanno anche battaglie giuste, ma sanno che decidono i vertici italiani. E’ un fatto oggettivo, perciò devono cambiare mentalità».

Ci sono stati due incontri tra Cappellacci e Lai. Favorevole al dialogo sulle riforme?
«Ben venga, ci interessano i risultati, non gli umori delle tifoserie».